Non riesco ad accettare le vestigia del passato, nascoste in cassetti,accumulate in cumuli nascosti e sincopate nel loro apparirmi innanzi,sole e luna di un tempo che non esiste né mai finor giammai è esistito.Mi travesto di nuovo, come vuole il mio tempo, e recito versi ad alta voce,che mi sentano, anche da lontano, anche senza udito. Non possosuperare lo scoglio del ricordo ed è questo malessere, malore,piaga curabile in questa mia epoca dolce, di sonni e pastiglie, gratitudine ebete del farmacopatico al farmacista.Rimango al margine di un foglio con il timbro e la firma di uno specialista.Non riesco a riconoscere la mia aria vuota nei numeri e nomistilati sul foglio. E guardo e annuisco: almeno il dottore mi desse un cenno di comprensione. Il dentista non ha mai avuto cariee il mio terapista non ha mai vissuto gli abissi. Si aprano allora le oscene caterattedi questo mio oblìo, si chiuda quel tempo che appare nel monitordi un pulsante cronometro e si dica “fine” accanto ai vocativi,la richiesta patetica di esperienza altrui nel mondo solitario.