Dalla toilette allo studio
Metti che stai camminando lungo il corridoio e al primo passo già ti
senti irrevocabilmente lontano dall’antro d’origine mentre il vano che
appare nel fondo proietta cento paurose ombre. Metti che il vano lo
conosci, che ci stai andando di tua volontà e che non ci può essere
altro che le cose con cui tu stesso l’hai riempito. Ma al secondo passo
formuli il pensiero impossibile e lasci che scorrano come strappi a zig
zag le giustificazioni con cui la ragione cerca di immettere
plausibilità nel tuo pensiero. Metti che potrebbe un uomo alto quanto
la parete e che la sua ombra si proietti in lungo tanto da vedersi
quando si è appena sulla soglia. Cosa sarebbe più spaventoso, trovarsi
i piedi immersi nella chiazza scura che scende come un liquido da quel
corpo controluce – trovarsi con il viso, il petto e le mani
completamente avvolti da quella palpabile oscurità – oppure la forma
stessa che ti aspetta immobile, quelle spalle curve quasi fino al
soffitto e un che di impreciso nella disposizione degli arti? Metti che
oltre il vano la porta di casa è chiusa a chiave e che tu ora lo
ricordi, ne sei certo e allora ti chiedi come sia potuto passare un
uomo così grande per le feritoie delle tue persiane – socchiuse, quelle
sì – o forse ha rotto la vetrata dell’ingresso e si è agilmente
lanciato dentro in un’abile capriola circense? Per un attimo lo vedi
rialzarsi veloce facendo un saltello, oplà, e ricadere sulle gambe
unite, senza esitazione. Cosa sarebbe più spaventoso, esser testimoni
di un inatteso spettacolo da saltimbanco, che si tiene privatamente nel
proprio tinello, o l’enorme figura dalle braccia grandi e forti quanto
le gambe che sta ferma, in silenzio nella semioscurità? Metti che ormai
sei arrivata al vano e ti volti pensando che puoi sempre tornare
indietro da dove sei venuta, anche se l’antro da cui sei uscita è ormai
perso nel nero del tuo percorso e non hai tempo di pensare cosa possa
esserci ora al di là di tutto quel nero, se mai riuscissi a
raggiungerlo superando tutte le membrane che il buio soffia contro il
corpo che lo attraversa. Un piede è già oltre la soglia, alla tua
destra, ma il tuo corpo ancora non si è girato a seguire la rotazione
del passo: ancora qualche istante e l’uomo disarticolato salta con
tutta la sua ombra dalla parete opposta in una perfetta capriola
sospesa giusto in tempo per atterrare sul tuo corpo appena comparso, le
mani leggermente tese in avanti a proteggerti. E scomparire così,
infiltrando il buio del suo celarsi su tutta la superficie della tua
carne, nei capelli che ora riavvii prima tornare a sederti davanti al
computer.